Brulicante,
s’annida nelle viscere steppose la te di ieri
e non trova strada verso il cuore martoriato
volto ad osservare inquietanti giochi di luce
che dal cielo vengono e al cielo ritornano
nel profumo d’anime marce che si fa merda sacra
cui destinare preghiere laicizzanti di memorie musulmane
che vivono nel ventre d’un cosmo
che fagocita rettili d’inconsistenza sfumata e sfiancata
dalle possibilità tradite da esiti insperati.
Coni d’ombra sospesi in aere,
come le insegne del Totocalcio e del Fernet Branca
consegnate da Kronos alla Milano bevuta e sputata,
si fanno clessidre pregne di sabbia-calce,
il leggero calviniano crepa soffocato
simile al verbo vuoto di Cristo Nostro Signore,
di tutti i signori e le signore d’ogni epoca
finti adepti del Nulla, onesti ribelli al Tutto.
Tutto è un crogiolo
di monitor monitoranti e monitorati.
Le lacrime si fanno – strano a dirsi – infuocate d’amor proprio
smarrito tra le bombe di Sarajevo,
tra le bimbe d’un asilo di provincia
violentate dall’esausta violenza di luoghi non-comuni eppur comunicanti,
tra giornate ordinate più che ordinarie
con il disordine dei sensi e di piaceri immoralmente immortali
che stramazza al suolo, di notte
in aree di servizio impopolari
d’una autostrada che ha smesso d’attendere il sole pallido di domani.
Carmine Lione