C’è un cielo vermiglio stanotte
e lo dedico a te.
Senza accezioni romantiche
o fantasie radioattive
(le mie, quelle di sempre…).
Senza più o meno velati ritorni
al nostro passato
chiuso in uno scatolone impolverato con su scritto: “FRAGILE”
con quei caratteri tuoi incisi a pennarello
che tengon botta, malgrado il tempo.
Senza me, senza te, senza noi
ti dedico i colori inusuali del mondo,
cagnaccio lui,
tinte insperate rubate per un minuto alla Bellezza Vera
che dura un secondo e poi scappa via…
quando sa intimidire così, a modo suo
quello giusto per vergognare noi uomini ingrati.
Superstiti,
tra gli astri che paiono vestiti a festa
come gli umani quand’è Natale,
ritrovo la zattera capovolta d’Ulisse
persino le spoglie smarrite di Bonconte.
A questi rivolgo pensieri affannati, un tempo guerrieri
è esausta l’aria di Budapest e prego per lei
in lontananza è tutto un crepitio
di equilibri spezzati e addii avvalorati.
La storia nobile delle genti
si smembra in profana attualità,
lo fa intimidita, senza troppo rumore
le gote sue prendono flemma al pari dei sogni d’infanzia.
Stelle novelle rubate di memoria
accendono ancor più il tetto di casa,
lacrime sanguinolenti la loro parca risposta.
Penso che è tardi per tutto,
ancor più per i pensieri di ieri e quelli d’oggi
bruciati già dal tardivo domani.
Eppure, è strano…
smarrirsi in questo fragore rossastro,
sgomitare con Dio per l’ultima sigaretta alla menta,
aprire un classico Bompiani, ubriaco d’ispirazioni fallite
e ritrovare – tra un sillogismo e l’altro –
carminie come per metamorfosi cromatica
gocce umane di lacrime sempiterne.